Parlare con Enzo di Brango è come sfogliare l’album dei ricordi. Chi scrive, del resto, lo conosce dai tempi degli anni di Piombo, quando Roma – città che dal 1988 lo ha adottato – era una autentica polveriera dove lo scontro politico non raramente culminava in morti e feriti. Vicende che lo hanno fatalmente segnato. Enzo, classe 1958, è un aquinate doc nato e cresciuto in via Roma, primogenito di mamma Anna e papà Oreste (il maestro). Dopo gli studi classici e quelli in sociologia, ha deciso di dedicarsi, con risultati apprezzabilissimi, alla scrittura.

Enzo è tante cose in uno. Fin da giovanissimo sensibile alla cosa pubblica (è stato anche consigliere comunale, nella sua Aquino, a metà degli anni Ottanta), appassionato di giornalismo (mosse i primi passi nella redazione della neonata Teleuniverso), bulimico di storia meridionale e di brigantaggio, Di Brango esordì nel 2007 con I Fondi pensione, un manuale sulla previdenza complementare, figlio della sua esperienza in ambito sindacale.

Da allora la sua fervida e raffinata penna, come in un crescendo rossiniano, non si è più fermata per regalarci una serie di lavori editoriali interessanti con una particolare sensibilità rivolta a uno dei suoi mentori, Gaetano Salvemini. La cultura l’ha sempre respirata e vissuta. Un percorso, il suo, luminoso, impreziosito – nel 2012 – dalla collaborazione con l’edizione italiana di Le Monde diplomatique nella rubrica “Diploteca”.  Una investitura di lignaggio per il nostro Enzo, orgoglio di una città dove spesso fa capolino per riabbracciare i suoi affetti più cari. Lo scrittore aquinate, con la consueta disponibilità, non si sottrae a questa nostra chiacchierata.

 

Chi è Enzo di Brango?

“È sempre complicato dare definizioni di sè stesso, i rischi di eccedere o ambiguamente contenersi sono dietro l’angolo. Quello che mi viene spontaneamente di affermare è che sono un uomo che sta invecchiando bene”.

Come nasce la passione per la scrittura?

“Credo che le passioni non “nascano”; emergono allorché siamo in grado di riconoscerle dentro di noi. Sin da bambino “strimpellavo” sulla mitica “lettera 32” di mio padre, mi davo disponibile per amici e conoscenti a mettere in bella scrittura documenti, domande, istanze. Ma la scrittura “vera” si acquisisce attraverso percorsi di formazione culturale: leggere, leggere, leggere! Niente più di un ottimo libro ti conduce su percorsi di esplorazione intima altrimenti non agibili. “La storia insegna, ma non ha scolari” ha detto Gramsci ed è stata sempre la mia caparbia voglia di apprendere senza essere scolaro che mi ha legato profondamente alla conoscenza storica di fatti e personaggi che ho incontrato nelle mie letture senza saziarmi mai abbastanza. Credo che i miei natali abbiano inciso in maniera determinante”…

Cioè?

“Aquino storicamente ha molto da insegnare non solo a chi vi abita o a chi ci è nato,  la ricchezza di fonti storiografiche legata al suo territorio è impressionante e, tuttavia, spesso sottovalutata. Già solo voler approfondire la conoscenza del luogo è un eccitante viaggio dal mondo romano fino, almeno, agli eventi legati alla seconda guerra mondiale”. Ecco, ascoltiamo Tammurriata nera con le “signurine napulitane che fann’ ammore cu americane” e non ci chiediamo se le stesse dinamiche, sociali ed antropologiche, abbiano riguardato Aquino ed il suo aeroporto assai determinante in quei nefasti anni di guerra. Vi sono passati italiani (due mie zie paterne hanno sposato due siciliani) vi sono passati i tedeschi della Wermacht e poi gli alleati: qual era la vita che procedeva tra una bomba e l’altra? Qual erano i sincretismi culturali, identitari, lessicali ecc.? Se prendiamo la storia da questo punto di vista, esame, analisi, non credo che si possa sfuggire alla ricerca di conoscere vieppiù fatti e personaggi che diventano compagni di viaggio lungo tutta la vita. Questo per l’incipit della mia attività, ovviamente il percorso per me è continuato per altri lidi e  per altre vicende, ma la passione è nata così, da una sorta di curiosità culturale che non smette di sollecitarmi giorno dopo giorno”.

Una istantanea sul giornalismo di oggi…

“Hai detto bene “istantanea”! Se ne potrebbe scrivere e dire un trattato a centinaia di pagine. Purtroppo, e non da oggi, siamo di fronte a una tecnica sofisticata che o crea notizie dal nulla ovvero più spesso mescola bugie e verità, omettendo fatti e circostanze. Nelle riunioni di redazione “l‘ordine del giorno” degli argomenti a cui prestare attenzione appare sempre più dettato da scelte editoriali della proprietà, dal potere politico, dagli sponsor. Quello che per anni è stato il famoso “quarto potere” nel quale il cittadino poteva identificarsi è stato svuotato del suo significato; e a poco a poco ha perduto la sua funzione essenziale di contropotere. Lamberto Sechi, storico direttore di Panorama, coniò un principio cardine al quale i suoi giornalisti dovevano adeguarsi: “i fatti separati dalle opinioni”.

Bei tempi, verrebbe da dire…

“Ormai siamo di fronte alla “scomparsa dei fatti” come ha scritto in un suo libro Marco Travaglio e a un proliferare di opinioni spesso rispondenti solo alla logica del padrone. Ne è un esempio tipico l’universo dei talk show televisivi dove una volta i giornalisti andavano a fare domande e a incalzare il potente di turno, ora vanno solo a sciorinare opinioni senza analizzare i fatti non dimenticando di salameccare il “padrone”. È ovvio che la fiducia del cittadino sia venuta meno trasformando i giornalisti tutti – anche quei pochi che cercano di fare il proprio dovere con coscienza – in utili idioti del ceto dominante, oggi transnazionale, che ha bisogno di guidare la narrazione pubblica”.

Quali sono gli scrittori che ti hanno maggiormente forgiato?

“Il panorama degli autori che hanno inciso molto sulla mia formazione è abbastanza vasto, anche grazie alla mia attività di recensore per Le Monde diplomatique che dura da quindici anni. Tuttavia la mia attenzione si concentra in modo particolare sul pensiero “eretico” del Novecento. In estrema sintesi potrei citare (ma sono molti di più) Gaetano Salvemini, Carlo Rosselli, Piero Gobetti, Camillo Berneri e Andrea Caffi”.

Il momento più bello della tua carriera?

“Io appartengo alla schiera di coloro che sanno godersi le piccole soddisfazioni. Comunque vorrei citarti la vittoria del “Premio Guido Picelli per la ricerca storica”, conferitomi a Parma nel 2022 per la curatela di un libro su Berneri e Rosselli, Contro lo Stato. Giunse inattesa poiché per scelta deontologica non ho mai partecipato a concorsi letterari di qualsiasi tipo e, certamente non è un caso, mi ha aperto le porte anche al mercato francofono con lo stesso libro pubblicato in Francia e distribuito nei paesi a lingua francese”.

Quali sono le tue letture preferite?

“Leggo molto, anche per lavoro, ovviamente per la saggistica ho particolare propensione per i testi che si occupano di socialismo liberale e libertario. Per la narrativa non ho un autore preferito ma libri che mi hanno colpito nel profondo…, cito a memoria: L’ombra del vento di Zafon, Il sentiero dei nidi di ragno di Calvino, La fattoria degli animali e 1984 di Orwell, Così parlò Zarathustra di Nietzsche, Uomini e topi di Steinbeck, La figlia del capitano di Puškin”.

La politica ti affascina ancora?

“Essa deriva da politiké/attività del cittadino, è sempre nella mia priorità. Non certo quella dalla quale siamo circondati fatta di partiti fantoccio e di personaggi di cui non ho alcuna stima. Tengo molto al mio tempo per sprecarlo dietro ai continui vaniloqui dai quali siamo bombardati. Al di fuori di questo ambito che lascio volentieri ai vari Pina Picierno, Matteo Renzi, Carlo Calenda, Debora Serracchiani e compagnia cantante, attualmente il mio impegno si concentra sulle attività di conservazione della memoria storica come consigliere della Fiap (Federazione Italiana delle Associazioni Partigiane) di Roma e del Lazio, ricordando che sono stato per cinque anni, fino al novembre scorso, vice presidente del Circolo Giustizia e Libertà di Roma”.

Hai rimpianti?

“Rimpianti da isteria no, sul tempo perso forse sì. Ho molte cose da fare e, se guardo i miei dati anagrafici, mi accorgo che il tempo che mi resta forse non sarà sufficiente”.

Progetti futuri?

“È in uscita una mia nuova curatela dedicata al dialogo tra Camillo Berneri e Carlo Rosselli durante la guerra  guerra civile di Spagna. È il seguito naturale del mio libro già citato “Contro lo Stato”. Ed è purtroppo l’ultimo dedicato ai due grandi teorici di un socialismo umanitario che oggi si fa fatica a  individuare nelle istanze dei tanti usurpatori che si trovano nella cosiddetta sinistra. Berneri e Rosselli pagarono con la vita la loro dedizione al termine ed al concetto di “Libertà”, uccisi dai più grandi nemici della Libertà: il primo dai comunisti, il secondo dai fascisti”.

Quanto ti manca Aquino?

“Ho ancora molti affetti ad Aquino, affetti famigliari e amicali. Poi le distanze non sono così proibitive. Aggiungiamoci che poiché una frequenza corretta dei social mi tiene anche informato, non sento particolari nostalgie. Mi fa sempre piacere scambiare idee con gli amici in loco e, quando invitato, sono sempre stato a disposizione. Tuttavia lascia che, in conclusione, mi tolga un sassolino dalla scarpa”…

Prego…

“In genere a ogni uscita di un mio libro sono stato invitato a presentarlo, cosa che ho fatto sempre con piacere e mai per altri motivi. Da due anni a questa parte, invece, non è accaduto per la monografia su Salvemini del 2023 e, addirittura, mi è stata rifiutata una sede istituzionale per il pamphlet su Giacomo Matteotti uscito lo scorso anno in occasione del centenario del suo assassinio. Ma, come ti dicevo, hanno provveduto gli amici a tenere in essere l’evento che si è svolto comunque in altra sede e mi è stato utile anche per realizzare alcune riflessioni che orienteranno le mie disponibilità future in materia. Del resto, se è vera la notizia che Aquino è stata cassata dall’elenco delle “città che leggono”, questo vuol anche dire che avrei poco da fare dal punto di vista istituzionale per ripristinare una giusta dimensione culturale”.

Libero Marino