Stavolta ha parato il destino salvando una vita. E’ la singolare storia dell’aquinate Gaetano Forte che, lo scorso 28 luglio, si è reso protagonista di un gesto straordinario quanto provvidenziale. Gaetano, con uno slancio di altruismo e sprezzante del pericolo, si è introdotto nella vicina abitazione dell’anziano Vincenzo Lodi, rimasto prigioniero delle fiamme, che si levavano sempre più copiose e minacciose.

Teatro dei fatti Suzzara, nel Mantovano, dove Gaetano si è trasferito nel 2004 insieme alla sua famiglia, con i tre figli Daniela, Nico, Federica e la moglie Lucia. Attimi concitati e drammatici che Gaetano ha affrontato con mirabile coraggio fino a estrarre l’anziano vivo da quel rogo. Il signor Lodi ha riportato gravissime ustioni ed è ora ricoverato presso l’ospedale Niguarda di Milano. Ma senza il tempestivo intervento di Gaetano l’epilogo poteva essere più tragico.

Un gesto encomiabile grazie al quale l’aquinate è salito agli onori della cronaca. Un gesto che non è passato inosservato. Nelle ultime ore, infatti, il signor Forte è stato ricevuto nel Comune di Aquino – dove sta trascorrendo qualche giorno di vacanza insieme alla moglie – ricevendo dalle mani del sindaco Fausto Tomassi un drappo con l’effigie della cittadina di San Tommaso e Giovenale. Anche il sindaco di Suzzara, Alessandro Guastalli, si è complimentato con l’aquinate ed è pronto a conferirgli una pubblica onoreficenza.

Classe 1956, penultimo di sei figli (e nonno di sette nipoti), Gaetano è anche noto in città per i suoi trascorsi calcistici. Ha difeso per circa due lustri la porta dell’Aquino calcio e viveva con la sua famiglia presso il complesso Case Fiat prima di trasferirsi al Nord. In questa breve intervista, condita anche da qualche pillola di amarcord, ripercorre quei drammatici momenti.

Buongiorno, Gaetano, e grazie per la tua disponibilità. Ricostruiamo quella concitata mattinata…

“Tornavo dal Comune di Suzzara dove mi ero recato per motivi personali. Appena sono rientrato a casa ho notato qualcosa di strano. Due persone stazionavano nei pressi del mio civico, mi sono avvicinato e ho chiesto loro che cosa fosse successo. Mi sono reso subito conto della gravità dell’accaduto, ho visto le fiamme e ho chiamato subito i soccorsi. La situazione era seria, non ho esitato ad avvicinarmi all’abitazione da cui provenivano dei rumori. Sapevo chi abitava lì, conosco il signor Lodi, un anziano che da anni vive da solo, una persona perbene e molto colta. Le fiamme, intanto, lambivano gli avvolgibili, ho aperto il cancelletto che conduce al garage, dove era parcheggiata la macchina (una Ford Fiesta bianca) del signor Lodi. Temevo che le fiamme raggiungessero quel garage. A un certo punto si è materializzato lui, avvolto dalle fiamme, che tentava di proteggersi con dei cartoni. Il suo corpo era già stato minato dalle fiamme, la testa era diventata un caschetto nero, a fatica sono riuscito a portarlo su in camera….”

E poi?

“Sono arrivati i soccorsi, un’eliambulanza e i Vigili del Fuoco, i quali hanno dovuto lavorare fino al pomeriggio per domare finalmente le fiamme. Attorno all’abitazione dell’anziano, trasferito a Milano, si è creato un capannello di curiosi. Io vivo praticamente a dieci metri dal luogo dell’accaduto”.

Che effetto ti fa stare sotto i riflettori?

“Provo una sensazione strana. Non sono abituato al clamore. Sono soddisfatto di quello che ho fatto, del resto ho fondato (insieme all’amico Antonio Di Sotto) la Protezione Civile di Aquino, conosco certe dinamiche”.

Perchè hai deciso di trasferirti in Lombardia?

“Tutto risale agli inizi del 2000. Volevamo cambiare aria per garantire un futuro migliore ai nostri figli. Il Nord, si sa, offre maggiori prospettive. Una decisione sofferta quanto inevitabile. Lasciare la mia Aquino non era facile. Ma quella scelta ci ha dato ragione. Oggi sono felicemente nonno di sette splendidi nipoti…”

Aquino, però, ti è rimasta nel cuore…

“Sì. Ogni tanto torno, il richiamo è irresistibile. Qui ho tanti parenti, la città è cambiata rispetto ai miei tempi, ma il mondo va avanti”.

Bei tempi quando giocavi a calcio…

“Bellissimi ricordi, sono passati tanti anni. Ero un buon portiere, con trascorsi anche in Eccellenza con il Ladispoli, poi la breve parentesi col Piedimonte prima di indossare la maglia dell’Aquino. Ricordo anche un provino con l’Anagni all’epoca della presidenza del compianto aquinate Antonio Farina. Mi accompagnò il grande Sergio Macioce, ma l’affare saltò. Mi chiamavano Pizzaballa, il portiere dalla figurina Panini introvabile, che proprio in quegli anni passò alla Roma, la mia squadra del cuore. Il calcio è una passione di famiglia. Prima mio figlio Nico, ora suo figlio, il piccolo Mattia, assai promettente. Ricordo con piacere un calcio di rigore neutralizzato al Comunale contro il Casalattico nei minuti finali (vincemmo 1-0). Un ricordo brutto, invece, è legato a un grave infortunio contro il Sant’Elia quando, nel tentativo di anticipare in uscita bassa un attaccante avversario, saltarono quattro denti…”

Altri ricordi?

“La domenica vedevamo le partite del campo Comunale dalla costruenda Sala Giovenale. Avevo circa 10 anni, il cinema non esisteva ancora, e spesso occupavamo quello spazio per dare due calci al pallone e assistere alle gare interne del nostro Aquino”.

La tua giornata tipo?

“Mi dedico a qualche lavoretto in legno. Una passione che ho ereditato da mio padre Nicola. Nella mia vita ho fatto sempre lavori manuali, dopo una breve parentesi in Fiat mi sono dedicato alla pittura e a lavori di carpenteria. Le competenze, da questo punto di vista, non mi mancano, e, quando è necessario, do una mano a casa. Oltre a dedicarmi ai miei tanti nipoti, la mia vita”.

Libero Marino