13781838_929350980544291_8133415788794196437_nLa contrada Valli apparteneva anticamente alla cosiddetta “Terra di Lavoro” che, in particolare, rivestì il ruolo di provincia dall’Unità d’Italia al 1927, quando Mussolini istituì la provincia di Frosinone. Quindi, prima della creazione della nuova provincia, questa frazione apparteneva al Regno delle due Sicilie e perciò ruotava nell’area napoletana, come del resto tutti i paesi intorno, tranne Pontecorvo che rappresentava un’enclave dello Stato Pontificio. Valli, geograficamente situata a sud-est della città di San Tommaso, rappresenta la contrada più lontana rispetto al centro abitato da cui dista circa 7 chilometri. Il suo etimo è abbastanza chiaro. Di probabile origine longobarda, esso indica un territorio avvallato e ricoperto da boschi, attraversato a nord – est dal fiume Lesogne. Secondo la “vulgata”, la frazione aquinate si popolò sotto il regno borbonico grazie a Ferdinando IV, il quale trapiantò presso la selva di Aquino alcune famiglie provenienti dalla Valle di Comino (in particolare i Morelli e i Fusco, ancora oggi i cognomi più diffusi nella zona).

Valli costituisce una porzione di territorio vasta che parte da via Fornace (toponimo che prese il nome da una calcara che sorgeva dopo la salita “gliu sineche”) per giungere – tre chilometri più giù – alla piccola chiesa dedicata a Santa Maria Addolorata (nella foto in alto). Il tempio religioso, oggetto di recenti lavori di ristrutturazione (ed edificato probabilmente tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento), è attiguo alla vecchia scuola elementare che – oggi dismessa – fu per tanti anni seggio elettorale. A metà strada, all’incrocio con via Campitelli (dal latino, “piccolo campo”), sorge il bosco “Toccheto”. Fino a qualche decennio fa la zona ospitava la Fiem, fabbrica italiana esplosivi e munizioni dell’ingegner Iacobucci. Qui ci viene in soccorso Sergio Macioce. Il compianto maestro aquinate  – in un suo libro di qualche anno fa – ci racconta che l’odierna selva era un tempo ricca di cerque, pioppi e cipressi. Non mancavano le frasche che le donne del posto raccoglievano di primo mattino per poi, durante il cammino, rimboccarsi “gliu zinale” raccogliendo ”l’erva” per la minestra. Uno spaccato di vita struggente che fornisce la giusta misura delle difficoltà dell’epoca. Poco prima del bosco, al culmine della salita in località Ponte di Ripa (ponte sulla riva), sorge un cippo (inaugurato nel 2010) che ricorda le vittime dell’ultimo conflitto mondiale. Gente laboriosa e dalla tempra forte, quella vallese, che affrontò stoicamente gli stenti della guerra trovando rifugio anche nelle grotte della vicina Castelluccio.

Verso la fine degli anni Sessanta, quando il paese si apprestava a cambiare volto dividendosi nei quartieri di oggi, fu realizzata la via che collega Filetti a Valli. Una svolta importante dal momento che la contrada Valli, come del resto le altre località rurali, non era dotata di pavimentazione e le sue strade (come ci racconta il professore aquinate Antonio Rea) erano “un inferno di carrarecce, col fango che arrivava all’anguinaia, e i vallesi dovevano caricare i loro morti sui grandi carri dalle ruote miniate o dovevano trasportarli su delle scale a pioli, in mancanza di altre più civili lettighe”. Altra arteria significativa della contrada è via Zammarelli, termine dalla presunta connotazione spregiativa (dallo spagnolo villano, zamarro). Oggi le Valli conservano ancora un’anima rurale. La recente costruzione di nuovi alloggi, tuttavia, ha conferito alla zona un aspetto più moderno. La contrada oggi ospita anche un campo di calcetto che, recentemente ristrutturato, rappresenta la mèta di tanti giovani, non solo aquinati. La contrada si anima durante la terza domenica di settembre in occasione dei festeggiamenti in onore della Madonna Addolorata.

L.M.