Il progetto ideato dall’Associazione San Tommaso d’Aquino “In-dipendente. Stili di vita per la prevenzione delle tossicodipendenze” finisce su “Reti Solidali”, il periodico dei Centri di Servizio per il Volontario del Lazio, premiata la bontà del progetto. Ecco di seguito l’articolo:

 “E’ una bella aria quella che si respira ad Aquino, un piccolo paese di poco più di 5000 abitanti collocato nella valle del Liri, nel pieno della Ciociaria – si legge nell’articolo pubblicato dal periodico “Reti Solidali”. Da un anno qui è attiva un’associazione di volontariato, la San Tommaso d’Aquino appunto, che a detta del presidente Fabio Gervasio ha questo nome «perché abbiamo pensato fosse indicativo ricollegarci alle radici e alle tradizioni del nostro paese per tutelare e valorizzare la cultura locale, ai valori in grado di favorire l’arricchimento anche spirituale della nostra collettività». In realtà il primo progetto realizzato dall’organizzazione riguarda i minori ed in particolare ruota intorno alla prevenzione della tossicodipendenza, dato che «questo è un territorio con un forte disagio giovanile, che riesce ad offrire poco ai ragazzi, quindi noi, con i nostri piccoli passi, vorremmo cercare di colmare questo vuoto». All’inizio l’associazione aveva pensato di promuovere una conferenza aperta ai ragazzi sul tema della tossicodipendenza, poi però, parlando con la psicologa della scuola e sentendo anche l’Istituto Superiore di Sanità, l’idea di sviluppare degli incontri in classe, con la proiezione di cortometraggi, è stata vista come la soluzione più efficace e soprattutto meno noiosa. Si tratta di proiettare in classe piccoli sketch della durata di 6 minuti l’uno, in cui gli attori sono giovani di 13 e 14 anni. «La particolarità di questi video», mi spiega Chiara Moretti, psicologa e membro dell’associazione, mentre arriviamo nella scuola media di Aquino dove sta per iniziare l’incontro, «è data dal fatto che non siamo noi adulti a spiegare gli effetti delle droghe, ma sono gli stessi ragazzi dei filmati che lanciano delle domande aperte e alla fine, tramite queste, riusciamo ad aprire il dibattito in classe». Diversi, infatti, i temi che animano la classe subito dopo la proiezione, grazie alla psicologa della scuola , Marisa Del Maestro, la quale immediatamente riesce a stimolare tante riflessioni tra i ragazzi: «che cosa vi ha incuriosito del video? Conoscevate già l’effetto che ha la cocaina nel nostro corpo?». E spiega: l’effetto può tradursi in una forma di ebetismo, che ci fa venire le allucinazioni sia visive che uditive associate a sensazioni di paranoia, perché vediamo e sentiamo cose che non esistono. Ed è questo, spesso, il motivo delle liti per strada che rischiano di degenerare». È subito pronta la domanda di una ragazza nelle prime file: «ma perché, se fa così male, se rovina il cervello, molti ragazzi si drogano?» Spesso alla base, spiega la psicologa, c’è un difficile rapporto con le proprie emozioni, con la sofferenza e il dolore: una delusione d’amore, un insuccesso scolastico, fino ad arrivare a motivi più gravi come un lutto o la separazione dei genitori. C’è poi una categoria di persone fortemente timide e ansiose che iniziano a fare uso di droghe per superare l’imbarazzo di stare tra la gente, «e spesso si inizia per gioco e chi vi offre lo spinello la prima volta è il fidanzato o l’amico del cuore, e non l’estraneo di turno come molti genitori immaginano». Nella Fondazione Exodus, dove opera la Del Maestro, si trovano storie diverse e ognuna ovviamente ha un trattamento differenziato. Casi insospettabili come un avvocato di fama con 3 studi attivi a Napoli, entrato in comunità per cocaina, o ragazzi di buona famiglia che sono arrivati a spendere anche 1500 euro al giorno per l’eroina. «Non solo», mi spiega Fabio, mentre i ragazzi in classe continuano il dibattito con la psicologa, «studiando gli effetti collaterali delle droghe, ho pensato di simulare le sensazioni che si provano direttamente in classe per far provare ai ragazzi come ci si sente dopo l’iniziale effetto euforico». Il kit per mettere in campo tutto questo è formato da pesi da applicare alle gambe e alle braccia e una cuffia afona per filtrare i rumori esterni. Tra le urla e le grida tutti i ragazzi, alla fine della discussione sono entusiasti di provare, uno per uno, come ci si sente con i pesi e le cuffie e i risultati, in effetti, sono i più disparati. Sara lamentava il fatto di non essere riuscita a camminare perché le girava la testa e i suoni erano ovattati, la sensazione di Simone invece era di spinta verso il basso. Persino l’insegnante, acclamata da tutti durante la prova, raccontava la sensazione di ubriachezza provata. «L’idea che vi volevamo dare», conclude il presidente dell’associazione rivolgendosi ai ragazzi, «era quella delle diverse sensazioni che una stessa sostanza può provocare: disidratazione, aumento del battito cardiaco. Anche perché non sappiamo esattamente cosa le diverse pasticche possano contenere: a volte si parla addirittura di veleno per topi o di zucchero a velo. Inoltre voi eravate lucidi, quando avete fatto la prova, sapevate che vi sentivate pesanti a causa dei pesetti e sapevate di indossare cuffie, che danno una sensazione fastidiosa poiché filtravano alcuni suoni. Quando si assume una sostanza stupefacente, invece, la lucidità di questo momento scompare. La sostanza lavora sui ricettori dei neuroni, intaccando e danneggiando il vostro cervello, aumentando e diminuendo l’erogazione di dopamina e di altri neurotrasmettitori». «Questo è il primo anno in cui facciamo questo esperimento e ci sembrava che i ragazzi della scuola media fossero i più adatti e soprattutto che abbiano la giusta età per recepire il significato di determinati messaggi ». L’idea è che il prossimo anno scolastico il progetto parta molto prima, così può essere realizzato con una partecipazione più attiva da parte degli studenti in modo che siano loro stessi a realizzare i filmati. «Vorremmo che siano gli stessi giovani a parlare con altri giovani e a far passare il messaggio di prevenzione rispetto alla tossicodipendenza. Inoltre presto vorremmo occuparci anche di bullismo e alcolismo sempre attraverso i giovani perché il loro linguaggio ha senz’altro un’efficacia maggiore».

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